I militari italiani nei lager nazisti by Mario Avagliano;Marco Palmieri;

I militari italiani nei lager nazisti by Mario Avagliano;Marco Palmieri;

autore:Mario, Avagliano;Marco, Palmieri; [Avagliano, Mario Palmieri, Marco ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Storica paperbacks
ISBN: 9788815367969
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2021-08-15T00:00:00+00:00


I lavoratori coatti nei Balcani

Una quota di militari italiani viene avviata al lavoro coatto in Jugoslavia, in Grecia o negli altri paesi balcanici, generalmente presso linee ferroviarie e stradali, aeroporti, cantieri navali, gallerie o miniere. Una parte di loro sarà trasferita in Germania o nei territori del Reich all’avanzare della linea del fronte, mentre altri saranno liberati dagli Alleati, dai greci o dai partigiani slavi e a volte dovranno affrontare una seconda prigionia.

Durante la detenzione le loro condizioni di vita e di lavoro sono molto dure, come testimonia il diario del carabiniere Giuseppe Lomuscio, fatto prigioniero a Scutari e deportato nel campo di Kovin in Serbia. «Ho lavorato – scrive il 19 gennaio 1944 – fino a mezzogiorno a scaricare i mattoni dai vagoni alla stazione. Dopo pranzo ho lavorato al Danubio a caricare i camion di legna. Si trattava di tronchi di albero spezzettati di ogni dimensione, di cui molti superavano il quintale, da trasportare dal barcone sui camion situati sulla sponda del fiume che scendeva ripida, a scarpata». E il 22-27 maggio nel suo diario si legge anche che «in questa settimana ho passato memorabili ed emergenti giornate di eccezionale tormento fra tutte le sofferenze sopportate finora. Si tratta di lavorare per oltre 12 ore al giorno, con pochissimo cibo di scarso valore nutritivo, a scaricare del cemento sfuso con dei cesti di vimini dai carrelli (12 carrelli) posti tutti in fila uno dopo l’altro, giusti nella direzione di un forte e incessante vento. (…) Il lavoro è pesante e penoso; gli assistenti e le guardie, che sono una infinità, sono tutti vigili e spesso trascendono e commettono soprusi, calci e bastonate con il calcio del fucile»[56].

Alle miniere di rame di Bor, presso Niš in Serbia, vengono destinati circa cinquemila italiani, subendo un trattamento severo e molte vessazioni, come attesta la dichiarazione del cappellano don Umberto Alai rilasciata al Distretto militare di Genova al rientro: «Anche se i tedeschi hanno spudoratamente dichiarato che quei nostri soldati erano volontari del lavoro e li dichiararono per questo internati, la verità è questa: quei nostri soldati furono obbligati a lavorare nei lavori più duri e faticosi (miniera…), trattati malissimo, pochissimo nutriti e sovente bastonati»[57]. Vi resteranno fino all’ottobre del 1944, quando circa 3.000 prigionieri italiani vengono portati dai tedeschi a Flossenbürg[58] e altri invece vengono liberati dai russi il 3 ottobre ma, come testimonia la dichiarazione al distretto militare di Genova del soldato Carlo Maragliano, sono internati in Russia (Maragliano in Siberia), rimpatriando in Italia nel novembre del 1945[59].

La testimonianza del caporalmaggiore Antonio Cresta, catturato a Creta, è simile: «Dal campo [di Gudì] – racconta – fummo avviati al lavoro presso un cantiere navale nelle vicinanze di Atene (Scaramancà). Anche qui ebbimo un trattamento tale da farci stare appena in piedi; eppure si doveva lavorare, e come! Anche di notte. In ognuna delle luridissime baracche infestate da topi, cimici ed altri parassiti vivevamo in trecento circa. Uno stuolo di guardie ci sorvegliava notte e giorno. C’era anche un civile tedesco che



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